Per più di ventimila anni l’arco e le
frecce sono stati presenti nello scenario antropologico. Originariamente
nate per la caccia con l’avvento della sostanzialità umana al termine
dell’ultima glaciazione diventano arma da guerra a difesa della
proprietà privata e principalmente destinata alla sopraffazione.
Il colpire a distanza rappresenta la qualità adattativa per eccellenza
della specie umana e l’arco e le frecce sono l’ultima espressione dopo
il sasso scagliato, la lancia e il propulsore. Solo dopo l’adozione
della polvere da sparo per uso bellico, avvenuta in Occidente intorno
alla fine del quattordicesimo secolo, lentamente fu abbandonata, per
rinascere di popolarità come “attività di svago” dei nobili e infine
come sport verso la fine del ‘700.
Si realizzò così il suo mutamento d’uso, di costume, di finalità e nacque lo sport del tiro con l’arco. Il suo primo riconoscimento olimpico avvenne nel 1900, anche se le regole di gara oggi adottate hanno avuto piena legittimazione dalle Olimpiadi del 1972.
Naturalmente la tecnica di tiro si modificò in modo sostanziale da quella antica adattandosi alla necessità unica di “colpire un bersaglio di paglia” con precisione. Esempio calzante, in quest’ambito può essere desunto dal “peso” di trazione degli archi antichi rispetto a quelli moderni. Oggi, nello sport del tiro con l’arco difficilmente gli archi sono di carico superiore ai 20 kg; lo sforzo di trazione al massimo allungo (quando la freccia sta per essere scoccata) nel medioevo superava i 40 kg e arrivava anche oltre i 70. Inoltre, anticamente non si usavano congegni di mira e le frecce erano molto più pesanti di quelle utilizzate oggi nei percorsi di gara.
In termini generali il tiro con l’arco contemporaneo incentra la sua attenzione sullo sfruttamento estensivo dell’attrezzatura (con le relative derive consumistiche), sulla sua sofisticazione e sull’esclusiva ricerca dell’estrema precisione. Gli archi sono sempre più facili da tendere, le frecce sempre più leggere, i mirini, gli stabilizzatori e gli altri “aiuti” ne snaturano la sua essenza, livellano le prestazioni; si esaspera lo spirito competitivo nelle gare riducendone la spettacolarità. Il bersaglio è visto come qualcosa di statico in cui esiste un “centro” da colpire, la cui grandezza è funzione dalla distanza di tiro per via della parabola che la freccia deve compiere. Un suo ruolo totalmente passivo in cui la creatività, l’ambientazione e la necessaria adattabilità dell’uomo spesso non trova posto.
Nei tempi antichi la componente umana giocava un ruolo molto più importante, soprattutto perché le doti necessarie per raggiungere lo scopo dovevano formarsi in modo graduale e adattativo alle circostanze, spesso questioni di vita o di morte. L’attrezzatura era semplice e funzionale, il più della volte auto-costruita. Testimonianze etnografiche ci tramandano immagini importanti, popoli che ancora oggi vivono di caccia e raccolta e utilizzano l’arco esattamente come nel medioevo; con molta probabilità anche nella preistoria si tirava con l’arco nello stesso modo.
Gli studi archeologici sui reperti e le ricostruzioni basate sui processi sperimentali ci riportano libbraggi molto alti. Nell’Alto medioevo (archi della nave di Nydam) 40 – 45 kg di carico sono comuni. Nel Basso medioevo (archi ritrovati nel relitto del Mary Rose) 60 – 75 kg di carico sono la maggioranza. Non si pensi, riduttivamente, che i nostri antenati medievali fossero tutti erculei. Sicuramente erano allenati di più, sottoposti a duro addestramento anche, ma in base ai recenti studi appare come la tecnica di trazione fosse completamente diversa, più simmetrica ed ergonomica, in grado di agevolarla.
Si realizzò così il suo mutamento d’uso, di costume, di finalità e nacque lo sport del tiro con l’arco. Il suo primo riconoscimento olimpico avvenne nel 1900, anche se le regole di gara oggi adottate hanno avuto piena legittimazione dalle Olimpiadi del 1972.
Naturalmente la tecnica di tiro si modificò in modo sostanziale da quella antica adattandosi alla necessità unica di “colpire un bersaglio di paglia” con precisione. Esempio calzante, in quest’ambito può essere desunto dal “peso” di trazione degli archi antichi rispetto a quelli moderni. Oggi, nello sport del tiro con l’arco difficilmente gli archi sono di carico superiore ai 20 kg; lo sforzo di trazione al massimo allungo (quando la freccia sta per essere scoccata) nel medioevo superava i 40 kg e arrivava anche oltre i 70. Inoltre, anticamente non si usavano congegni di mira e le frecce erano molto più pesanti di quelle utilizzate oggi nei percorsi di gara.
In termini generali il tiro con l’arco contemporaneo incentra la sua attenzione sullo sfruttamento estensivo dell’attrezzatura (con le relative derive consumistiche), sulla sua sofisticazione e sull’esclusiva ricerca dell’estrema precisione. Gli archi sono sempre più facili da tendere, le frecce sempre più leggere, i mirini, gli stabilizzatori e gli altri “aiuti” ne snaturano la sua essenza, livellano le prestazioni; si esaspera lo spirito competitivo nelle gare riducendone la spettacolarità. Il bersaglio è visto come qualcosa di statico in cui esiste un “centro” da colpire, la cui grandezza è funzione dalla distanza di tiro per via della parabola che la freccia deve compiere. Un suo ruolo totalmente passivo in cui la creatività, l’ambientazione e la necessaria adattabilità dell’uomo spesso non trova posto.
Nei tempi antichi la componente umana giocava un ruolo molto più importante, soprattutto perché le doti necessarie per raggiungere lo scopo dovevano formarsi in modo graduale e adattativo alle circostanze, spesso questioni di vita o di morte. L’attrezzatura era semplice e funzionale, il più della volte auto-costruita. Testimonianze etnografiche ci tramandano immagini importanti, popoli che ancora oggi vivono di caccia e raccolta e utilizzano l’arco esattamente come nel medioevo; con molta probabilità anche nella preistoria si tirava con l’arco nello stesso modo.
Gli studi archeologici sui reperti e le ricostruzioni basate sui processi sperimentali ci riportano libbraggi molto alti. Nell’Alto medioevo (archi della nave di Nydam) 40 – 45 kg di carico sono comuni. Nel Basso medioevo (archi ritrovati nel relitto del Mary Rose) 60 – 75 kg di carico sono la maggioranza. Non si pensi, riduttivamente, che i nostri antenati medievali fossero tutti erculei. Sicuramente erano allenati di più, sottoposti a duro addestramento anche, ma in base ai recenti studi appare come la tecnica di trazione fosse completamente diversa, più simmetrica ed ergonomica, in grado di agevolarla.
MBA! Project
My Bow, Awake! – Ancient Archery Practices in Contemporary Cultural and Recreational Activities
Progetto di ArcoUISP in collaborazione con l’Università degli Studi di Perugia – Laboratorio LAMS, English Warbow Society, patrocinato da EURAC Research – Bolzano.
Il Gruppo di Lavoro MBA: Vittorio Brizzi (ArcoUISP, coordinamento), Andrea Biscarini (Direttore Laboratorio LAMS – Università degli Studi di Perugia), Samuele Contemori e Daniele Busti (Laboratorio LAMS – Università degli Studi di Perugia ), Matteo Lucaroni (Università degli Studi di Perugia, ArcoUISP), Gionata Brovelli (Formatore Arco Storico ArcouiSP), Mark Stretton (English Warbow Society), David Pim (English Warbow Society), Luigi Caramante (Responsabile Sett. Storico ArcoUISP), Lorenzo Carlo Maria Galantini (Formatore Arco Storico ArcoUiSP), Riccardo Fiacca (Delegato Umbria ArcoUISP), Sara Iacopini (Tecnico Educatore ArcoUISP), Luca Ricci, Marco Dubini (ArcoUISP).
Riportiamo un breve testo in inglese che
rende bene l’idea di cosa doveva essere, nella mentalità medievale, un
potente arco da guerra in legno e che sta ad introduzione del documento
UISP che illustra il progetto:
“In My time, my poor father was as
diligent to teach me to shoot, as to learn me any others thing; and so I
think other men did their children: He taught me how to draw, how to
lay my body in my bow, and not to draw with strenght of arms as other
nations do, but with strenght of the body: I had my bows bought me
according to my age and strenght; as I increased in them, so my bows
were made bigger and bigger, form men never shoot well, except they be
brought up in it.” Hugh Latimer, sixth sermon, 1549
“Ai miei tempi il mio povero papà mi ha
diligentemente insegnato a tirare con l’arco come mi ha insegnato il
resto e così altri uomini coi loro figli. Mi ha insegnato ad aprire e a
distendere il mio corpo nell’arco e a non aprirlo con la forza delle
braccia, come fanno nelle altre nazioni, ma con la forza del mio corpo.
Ho avuto archi che si accordavano con la mia età e la mia forza e,
quando miglioravo, gli archi crescevano, perché gli uomini non tireranno
mai bene se non ci crescono dentro”.
Parallelamente a questo progetto è stata
prodotta e già discussa una tesi di Laurea (il 22/7 scorso) presso
l’Università degli Studi di Perugia, Dipartimento di Medicina, Corso di
Laurea in “Scienze e Tecniche dello Sport (LM68)” dal titolo: “Tirare storicamente con l’arco: dalle basi antiche alle moderne analisi scientifiche per una “nuova” proposta sportiva”. Di Matteo Lucaroni, relatore Prof. Andrea Biscarini.
Qui parleremo quasi esclusivamente delle
tematiche affrontate e relative all’arco da guerra medievale (noto come
longbow) nelle sue implicazioni sia storiche che “fisiologiche”.
Il progetto
Il progetto ha l’obiettivo di dare
origine a una nuova attività culturale ludico sportiva in UISP con
caratteristiche complementari rispetto alle attuali discipline sportive
del tiro con l’arco, ispirandosi alla sostanza del tiro storico antico.
Questo progetto vuole definire una cornice di riferimento in cui sia
possibile evidenziare le “differenze” tra lo stile moderno e quello
medievale per aggiungere nuove (antiche) consapevolezze all’attività
sportiva e ludico ricreativa di oggi.
Ciò è avvenuto compiendo una ricerca accurata (fase 1) sulle documentazioni antiche esistenti; ricorrendo in primis allo studio ermeneutico delle iconografie per evidenziare, su base statistica, differenze evidenti di postura tra gli arcieri di ogni genere raffigurati (in battaglia, nei martirii, in caccia e nelle rappresentazioni allegoriche) e quelli d’esempio nelle scuole contemporanee. E’ stata inoltre avviata l’analisi e l’ interpretazione dei rari scritti antichi, a conferma dell’interpretazione delle informazioni visive.
Successivamente (fase 2), attraverso prove di tiro effettuate in laboratorio tra soggetti in grado di tendere l’arco nel “modo antico” (top level) e soggetti di confronto in grado di tendere e scoccare sia in modo antico sia moderno, si è cercato di evidenziare il diverso sfruttamento dei muscoli impiegati nell’atto di tendere e rilasciare la freccia relativamente alla postura (equilibrio).
I test di laboratorio EMG, unitamente al test MVC hanno dimostrato innanzi tutto il grado di simmetria nello sfruttamento dei muscoli dorsali, e l’impiego di muscoli “dormienti” nello stile moderno. Il test con le telecamere cinetiche ha evidenziato gli spostamenti delle articolazioni nelle braccia, del tronco e nella testa durante l’azione del tiro. Le informazioni sui soggetti saranno simultanee e permetteranno di individuare nello stesso istante la variazione dell’equilibrio, il potenziale elettrico nel determinato muscolo e attivazione dei vari distretti e l’atto cinetico corrispondente. L’analisi bibliografica delle pubblicazioni antropologiche sulle analisi sui reperti ossei degli arcieri antichi alto e tardo medievali saranno molto utili per validare i risultati dei test di laboratorio (grado di simmetria nelle usure delle articolazioni e nelle inserzioni dei tendini sulle ossa del tronco).
La semplice osservazione di come si possano tendere archi così forti induce a considerare un miglior sfruttamento del cingolo scapolare e quindi un’ottimizzazione della forza muscolare, argomento utile per porre le basi a una “nuova scuola” adatta anche ai giovani senza differenze di genere.
In questa scuola rinnovata sarà d’obbligo definire una schematizzazione per un processo di apprendimento che tenga in dovuto conto degli aspetti a rischio per la prevenzione di traumi sulle articolazioni, sui muscoli e sui tendini e, contemporaneamente, definire una procedura di potenziamento graduale, parte integrante del progetto per chi si vorrà calare integralmente nell’uso del Warbow (1).
Ciò è avvenuto compiendo una ricerca accurata (fase 1) sulle documentazioni antiche esistenti; ricorrendo in primis allo studio ermeneutico delle iconografie per evidenziare, su base statistica, differenze evidenti di postura tra gli arcieri di ogni genere raffigurati (in battaglia, nei martirii, in caccia e nelle rappresentazioni allegoriche) e quelli d’esempio nelle scuole contemporanee. E’ stata inoltre avviata l’analisi e l’ interpretazione dei rari scritti antichi, a conferma dell’interpretazione delle informazioni visive.
Successivamente (fase 2), attraverso prove di tiro effettuate in laboratorio tra soggetti in grado di tendere l’arco nel “modo antico” (top level) e soggetti di confronto in grado di tendere e scoccare sia in modo antico sia moderno, si è cercato di evidenziare il diverso sfruttamento dei muscoli impiegati nell’atto di tendere e rilasciare la freccia relativamente alla postura (equilibrio).
I test di laboratorio EMG, unitamente al test MVC hanno dimostrato innanzi tutto il grado di simmetria nello sfruttamento dei muscoli dorsali, e l’impiego di muscoli “dormienti” nello stile moderno. Il test con le telecamere cinetiche ha evidenziato gli spostamenti delle articolazioni nelle braccia, del tronco e nella testa durante l’azione del tiro. Le informazioni sui soggetti saranno simultanee e permetteranno di individuare nello stesso istante la variazione dell’equilibrio, il potenziale elettrico nel determinato muscolo e attivazione dei vari distretti e l’atto cinetico corrispondente. L’analisi bibliografica delle pubblicazioni antropologiche sulle analisi sui reperti ossei degli arcieri antichi alto e tardo medievali saranno molto utili per validare i risultati dei test di laboratorio (grado di simmetria nelle usure delle articolazioni e nelle inserzioni dei tendini sulle ossa del tronco).
La semplice osservazione di come si possano tendere archi così forti induce a considerare un miglior sfruttamento del cingolo scapolare e quindi un’ottimizzazione della forza muscolare, argomento utile per porre le basi a una “nuova scuola” adatta anche ai giovani senza differenze di genere.
In questa scuola rinnovata sarà d’obbligo definire una schematizzazione per un processo di apprendimento che tenga in dovuto conto degli aspetti a rischio per la prevenzione di traumi sulle articolazioni, sui muscoli e sui tendini e, contemporaneamente, definire una procedura di potenziamento graduale, parte integrante del progetto per chi si vorrà calare integralmente nell’uso del Warbow (1).
Fase 1: Ricerca esegetica sui testi antichi e interpretazione delle iconografie
I Testi
In Medio Oriente si sviluppa una
bibliografia molto ricca, sia sulla tattica militare che sulla tecnica
di tiro e sull’addestramento. Numerosi trattati (2) sulla tecnica
menzionano gli obiettivi che si devono porre gli arcieri nel loro
apprendimento e addestramento, identificandoli nei quattro “pilastri”
(Arkàn): potenza, velocità, destrezza e precisione. Gli allenamenti sono
codificati nel tempo, l’arciere rappresenta la “summa” delle abilità e
delle virtù guerriere. Nell’Estremo Oriente la Cina influenza la cultura
giapponese dove l’arco raggiunge l’apice della complessità nel Samurai.
La tecnica arriva ad oggi praticamente immutata da 2000 anni, alcune scuole (ad es. la Heki Ryu Insai) ancora applicano ciò che è scritto sui testi di molti secoli fa. Del resto, lo studio biomeccanico a cui faremo riferimento nella fase 2 si riferisce ad un’analisi accurata che rivela similitudini con lo “stile” da noi proposto nel tiro occidentale medievale; entrambi provengono da epoche in cui l’arco e la freccia avevano una loro precisa destinazione, che non era certo fare centro ad un bersaglio immobile.
L’uso dell’arco in guerra è rappresentato quindi da uno spartiacque culturale che allontana l’emisfero occidentale da quello orientale, nel quale diverse sono le visioni dell’arma, e di conseguenza diverse le collocazioni sociali di chi la impugna; in comune vi è solo lo scopo finale e la dinamica fisica del lancio della freccia. Alle radici di questa similitudine vi è il fondamento della tecnica, necessaria per tendere archi forti e colpire efficacemente il bersaglio, abbattendolo. La funzione tattica dell’arciere in Occidente, si esplica soprattutto nel “fuoco d’artiglieria” della nuvola di frecce che colpisce in maniera indifferenziata a distanza la controparte armata mentre questa si scontra in campo aperto, assale il villaggio e le prime fortificazioni. In epoca Bizantina, quando l’impero romano d’Oriente cerca di ripristinare da Costantinopoli i fasti e i poteri della tradizione occidentale ormai compromessa dalle invasioni barbariche, gli arcieri assumono comunque sempre più importanza e sono scritti i primi trattati. Anche se in lingua greca o latina, è evidente l’influsso della cultura e soprattutto della visione militare orientale (3).
Nel Medioevo europeo la caccia assume in Occidente altre valenze, che paradossalmente riaffermano la componente simbolica del cacciatore-leader con i suoi privilegi, anche se con altre vesti culturali a cui corrispondono modi e tecniche diversificate. L’arco permane e si sviluppa “socialmente”, soprattutto in Oriente. È interessante notare come in tutta la cultura medio ed estremo orientale si sia sviluppata, nel corso di un millennio, una così vasta bibliografia che non ha paragone con il progressivo sviluppo “letterario” sull’arcieria d’occidente (4). D’altro canto, la connotazione dell’arciere in guerra (in Europa) pare fosse delle più misere: persone reclutate e addestrate in giovane età tra poveri e analfabeti, contrariamente all’Oriente la cui tradizione, consolidata da millenni di storia, vedeva arcieri nobili e cavalieri o comunque soldati specializzati di cui rango e cultura erano superiori agli altri combattenti meno specializzati. Grazie alla sua grande versatilità, l’arco restò in uso nelle battaglie campali e negli assedi fino a quando la tecnologia delle armi da fuoco divenne maggiormente diffusa. Dal 1300 al 1800 circa, le armi da fuoco convissero con l’arco, poiché l’elevato costo di produzione e l’elevato potere distruttivo delle prime, furono compensati dall’economicità, dalla maggiore maneggevolezza e dalla facilità di addestrare del secondo.
La tecnica dell’arco da guerra scomparve completamente per una specifica versione “da diporto”, raffinatasi nei giorni attuali in parallelo con la tecnologia costruttiva di archi e frecce.
La tecnica arriva ad oggi praticamente immutata da 2000 anni, alcune scuole (ad es. la Heki Ryu Insai) ancora applicano ciò che è scritto sui testi di molti secoli fa. Del resto, lo studio biomeccanico a cui faremo riferimento nella fase 2 si riferisce ad un’analisi accurata che rivela similitudini con lo “stile” da noi proposto nel tiro occidentale medievale; entrambi provengono da epoche in cui l’arco e la freccia avevano una loro precisa destinazione, che non era certo fare centro ad un bersaglio immobile.
L’uso dell’arco in guerra è rappresentato quindi da uno spartiacque culturale che allontana l’emisfero occidentale da quello orientale, nel quale diverse sono le visioni dell’arma, e di conseguenza diverse le collocazioni sociali di chi la impugna; in comune vi è solo lo scopo finale e la dinamica fisica del lancio della freccia. Alle radici di questa similitudine vi è il fondamento della tecnica, necessaria per tendere archi forti e colpire efficacemente il bersaglio, abbattendolo. La funzione tattica dell’arciere in Occidente, si esplica soprattutto nel “fuoco d’artiglieria” della nuvola di frecce che colpisce in maniera indifferenziata a distanza la controparte armata mentre questa si scontra in campo aperto, assale il villaggio e le prime fortificazioni. In epoca Bizantina, quando l’impero romano d’Oriente cerca di ripristinare da Costantinopoli i fasti e i poteri della tradizione occidentale ormai compromessa dalle invasioni barbariche, gli arcieri assumono comunque sempre più importanza e sono scritti i primi trattati. Anche se in lingua greca o latina, è evidente l’influsso della cultura e soprattutto della visione militare orientale (3).
Nel Medioevo europeo la caccia assume in Occidente altre valenze, che paradossalmente riaffermano la componente simbolica del cacciatore-leader con i suoi privilegi, anche se con altre vesti culturali a cui corrispondono modi e tecniche diversificate. L’arco permane e si sviluppa “socialmente”, soprattutto in Oriente. È interessante notare come in tutta la cultura medio ed estremo orientale si sia sviluppata, nel corso di un millennio, una così vasta bibliografia che non ha paragone con il progressivo sviluppo “letterario” sull’arcieria d’occidente (4). D’altro canto, la connotazione dell’arciere in guerra (in Europa) pare fosse delle più misere: persone reclutate e addestrate in giovane età tra poveri e analfabeti, contrariamente all’Oriente la cui tradizione, consolidata da millenni di storia, vedeva arcieri nobili e cavalieri o comunque soldati specializzati di cui rango e cultura erano superiori agli altri combattenti meno specializzati. Grazie alla sua grande versatilità, l’arco restò in uso nelle battaglie campali e negli assedi fino a quando la tecnologia delle armi da fuoco divenne maggiormente diffusa. Dal 1300 al 1800 circa, le armi da fuoco convissero con l’arco, poiché l’elevato costo di produzione e l’elevato potere distruttivo delle prime, furono compensati dall’economicità, dalla maggiore maneggevolezza e dalla facilità di addestrare del secondo.
La tecnica dell’arco da guerra scomparve completamente per una specifica versione “da diporto”, raffinatasi nei giorni attuali in parallelo con la tecnologia costruttiva di archi e frecce.
L’iconografia
Il tiro medievale si faceva con tre dita
(presa mediterranea) per sfruttare al massimo la forza fisica. Tirare
con due dita (presa fiamminga) permette una presa meno solida e
prestazioni inferiori. Talvolta però nei quadri e nei disegni d’epoca si
vedono arcieri in pose da guerra che usano solo 2 dita nell’atto di
tirare con l’arco: probabilmente perché i pittori hanno assistito ad
esibizioni con archi più leggeri, equivocando il gesto reale. La ricerca
è stata effettuata su un campione di 190 immagini di arcieri che
spaziano dal VIII sec. al XVI sec. Per “arcieri” si considerano elementi
validi quelli che stanno caricando l’arco (4%), che stanno effettuando
il rilascio della freccia (23%) e tendendo l’arco con la freccia armata
(74%). Le opere riguardano ambienti di Caccia (9%), Battaglia (70%),
Martirio (8%), Allegorie (7%) e scene di tiro decontestualizzate (4%). I
soggetti si suddividono tra uomini (81%) donne (6%) e mostriciattoli o
animali antropomorfi (13%). La scelta delle immagini è stata operata in
funzione di un parametro essenziale, l’attendibilità
dell’interpretazione artistica desumibile dalla correttezza dei
particolari contenuti (vestiario e accessori in generale e riproduzioni
delle armi in particolare) dando un “coefficiente” da 1 a 3 ad ogni
soggetto del campione. Non è stato valutato, per contro, il rapporto tra
le proporzioni dei soggetti e lo “scenario generale” nonché le distanze
lineari tra soggetti e “bersagli” cercando di estrarre l’essenza
dell’atto che veniva immortalato. La maggior parte delle illustrazioni
di battaglie, ad esempio, è molto esplicativa. Nei dipinti tardo
quattrocenteschi molto spesso viene raffigurato l’ arciere che tende
l’arco composito, di chiara ispirazione medio orientale. D’altro canto è
ben noto di come la cultura bizantina prima, quella delle Crociate e
quell’Ottomana poi abbiano influenzato gli eserciti di mezza Europa. Lo
stile di tiro, la postura ecc. comunque risulta pressoché la medesima.
Essa si suddivide tra postura in fase di rilascio (rilevante per la
parte “A” della ricerca, 23% delle immagini) e posture ove l’arciere è
in fase di trazione (rilevante per la parte “B” della ricerca, 74% delle
immagini). Inoltre sono state analizzate le scarse immagini che
riportano la fase di caricamento, solo 4%.
Fase 2: esperimenti di laboratorio
La fase si è svolta presso il Laboratorio delle Attività Motorie e Sportive (LAMS) della Facoltà di medicina/scienze motorie – Università di Perugia (Direttore prof Andra Biscarini).
Obiettivi della ricerca
Dalle analisi delle antiche iconografie,
dei testi orientali e occidentali e dai ritrovamenti archeologici
appare evidente un modo di tirare con l’arco estraneo ai concetti ora
utilizzati nella didattica e nell’attività sportiva del tiro con l’arco
moderno. Lo stile di tiro antico permetteva di tendere archi
estremamente forti (almeno 3 o 4 volte più forti di quelli odierni) al
fine di fermare il nemico corazzato in battaglia.
Obiettivo principale
Analizzare la catena cinetica dei
soggetti esperti nello stile antico per determinare le differenze con lo
stile moderno e la ripartizione dello sforzo nei muscoli del tronco.
Obiettivi secondari ma altrettanto importanti
Giungere ad una comprensione integrale
delle componenti muscolari, cinetiche e posturali antiche al fine di
proporre una nuova interpretazione dell’uso dell’arco, anche se non
necessariamente di forte carico per elaborare la traccia di una “nuova”
tecnica dedicata di allenamento e potenziamento.
Soggetti coinvolti nella sperimentazione
1) Arcieri esperti, da Italia e Inghilterra, da analizzare nel loro stile antico.
2) Arcieri di medio livello nello stile antico e di discreto livello nello stile moderno, in modo da fungere da “soggetti di controllo”, da analizzare in entrambi gli stili di tiro con archi cui sono normalmente abituati, di basso carico.
2) Arcieri di medio livello nello stile antico e di discreto livello nello stile moderno, in modo da fungere da “soggetti di controllo”, da analizzare in entrambi gli stili di tiro con archi cui sono normalmente abituati, di basso carico.
Strumentazione
a) Pedane dinamometriche per lo studio dell’equilibrio nella postura (interfacciate con gli altri sistemi)
b) 6 Telecamere per la ricostruzione 3D dell’azione dinamica con marker (interfacciate con gli altri sistemi)
c) Apparecchiature per EMG (a disposizione 18 elettrodi) (interfacciate con gli altri sistemi)
d) Telecamera ad alta velocità (1000 Hz, non interfacciabile)
e) Accelerometro (non interfacciabile)
f) Misuratore di velocità per la freccia all’uscita dall’arco
b) 6 Telecamere per la ricostruzione 3D dell’azione dinamica con marker (interfacciate con gli altri sistemi)
c) Apparecchiature per EMG (a disposizione 18 elettrodi) (interfacciate con gli altri sistemi)
d) Telecamera ad alta velocità (1000 Hz, non interfacciabile)
e) Accelerometro (non interfacciabile)
f) Misuratore di velocità per la freccia all’uscita dall’arco
Ipotesi di lavoro
I muscoli presi in esame sono 8 mentre i marker rifrangenti usati sono 15.
La videocamera ad alta velocità ha una frequenza di campionamento di 500 frames al secondo.
Inoltre il suddetto protocollo prevede, per il gruppo di arcieri “medium level” l’uso di 2 archi di cui è standardizzato il carico finale, ovvero archi di diverso libraggio, ma tra di loro non molto scostanti che abbiano lo stesso carico agli allunghi di riferimento (ipotesi carico di 60 lb a 28 pollici di allungo e a 32 pollici di allungo). Per gli arcieri “top level” invece, usare ognuno il proprio arco.
Nello specifico è richiesto l’uso della tecnica di tiro “moderna” e “medievale” per il gruppo “medium level”, mentre per gli arcieri “top level” l’uso della sola tecnica “medievale”.
I test hanno riguardato due aspetti specifici: caricamento dell’arco (A) e rilascio della freccia (B) in entrambe le categorie di soggetti “campione”. Il gruppo 1) si è espresso sullo stile antico, con piccole variazioni personali ma sostanzialmente aventi in comune la fase di tensione, rilascio e postura. Il gruppo 2), avendo la possibilità di interpretare il tiro in due modi, è stato analizzato in termini comparativi, basandosi contemporaneamente sui protocolli adottati nelle pubblicazioni contemporanee riguardanti il tiro olimpico. I tracciati risultanti (EMG e Dinamometrico) differiscono tra loro sostanzialmente. Sono stati preliminarmente esaminati gli archi (diagramma di carico) e le frecce (massa) di tutti i soggetti impiegati nella sperimentazione.
Sia per il punto (A) che per il punto (B) è stata fondamentale l’oggettiva misurazione della lunghezza di trazione. Non potendo utilizzare un moderno “clicker” , sono state considerate quelle frecce scagliate al di sopra di una soglia minima predefinita di velocità, di conseguenza sono state considerate utili al risultato le misurazioni ottenute con la strumentazione biomeccanica nello specifico.
La videocamera ad alta velocità ha una frequenza di campionamento di 500 frames al secondo.
Inoltre il suddetto protocollo prevede, per il gruppo di arcieri “medium level” l’uso di 2 archi di cui è standardizzato il carico finale, ovvero archi di diverso libraggio, ma tra di loro non molto scostanti che abbiano lo stesso carico agli allunghi di riferimento (ipotesi carico di 60 lb a 28 pollici di allungo e a 32 pollici di allungo). Per gli arcieri “top level” invece, usare ognuno il proprio arco.
Nello specifico è richiesto l’uso della tecnica di tiro “moderna” e “medievale” per il gruppo “medium level”, mentre per gli arcieri “top level” l’uso della sola tecnica “medievale”.
I test hanno riguardato due aspetti specifici: caricamento dell’arco (A) e rilascio della freccia (B) in entrambe le categorie di soggetti “campione”. Il gruppo 1) si è espresso sullo stile antico, con piccole variazioni personali ma sostanzialmente aventi in comune la fase di tensione, rilascio e postura. Il gruppo 2), avendo la possibilità di interpretare il tiro in due modi, è stato analizzato in termini comparativi, basandosi contemporaneamente sui protocolli adottati nelle pubblicazioni contemporanee riguardanti il tiro olimpico. I tracciati risultanti (EMG e Dinamometrico) differiscono tra loro sostanzialmente. Sono stati preliminarmente esaminati gli archi (diagramma di carico) e le frecce (massa) di tutti i soggetti impiegati nella sperimentazione.
Sia per il punto (A) che per il punto (B) è stata fondamentale l’oggettiva misurazione della lunghezza di trazione. Non potendo utilizzare un moderno “clicker” , sono state considerate quelle frecce scagliate al di sopra di una soglia minima predefinita di velocità, di conseguenza sono state considerate utili al risultato le misurazioni ottenute con la strumentazione biomeccanica nello specifico.
Bibliografia
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Ibn ‘Ali Al-Tarsusi, 1200 c.a., Tabsirat arbab al-albab… (“Spiegazione per lo spirito sul modo di disporsi durante il combattimento…..”),
Lake, F. H., 1974). A bibliography of archery: an indexed catalogue of 5,000 articles, books, films, manuscripts, periodicals and theses on the use of the bow for hunting, war, and recreation, from the earliest times to the present day. Simon Archery Foundation.
Lamotte A. B., 1968, Contribution à l’étude de l’archerie musulmane, principalement d’après le manuscrit d’Oxford Bodléienne Huntington no 264, Damasco, di furūsiyya di MARDI
Latham J.D. –Paterson W.F., 1970, Saracen Archery. An English version and exposition of a Mameluke work on archery (ca. A.D. 1368), Londra,
Loi C. 2012, Le corde di lino per archi fra etnografia e sperimentazione archeologica, Tiro con l’Arco Tradizionale, N.1, Target Editore, pp.82-85 6
Markham, Gervase 1634 The Art of Archerie
Moseley, Walter Michael 1792 An Essay on Archery, Describing the Practice of that Art in all Ages and Nations
Mustafa Kani, 1847, Telhis resail errumat (“Compendio dei trattati d’arcieria”), Istanbul.
Roberts, T. 1801 The English Bowman or: Tracts on Archery, to which is added the second part of The Bowmans GloryWaring,
Taylor, M.C. 1947, Bowstring, in Hickman C., Klopsteg.E.C. , Nagler F., Archery, The Technical Side, first edition, NFAA, pp.251-258
Thomas, 1824 A Treatise on Archery or, The Art of Shooting with the Long Bow
Wa-awsafihima. (XIV sec.): Munyatu’l-ghuzat; A 14th Century Mamluk-Kiptchak Military Treatise, tradotto da Kurtulus Öztopçu. (Sources of Oriental Languages and Literatures 13, 1989)
Amodio F., Gallozzi C. 1992. Aspetti fisiologici del tiro con l’arco. Roma: FITARCO Editore;
Anon, Ca. 1515 The Art of Archery, Edited by Henri Gallice, Translation by H. Walrond, 1901.
Ascham, Roger 1545 Toxophilus, The fchole of fhootinghe conteyned in tvvo bookes
Brizzi V., (2007) Man The Hunter, Arcosophia, Greentime Eds
Calvin, W. H.1991, The Ascent of Mind, Backprint.com, Lincoln NE
Casorati G. C. 2002. Storia della moderna arcieria italiana e mondiale. Bologna: Greentime Editore;
Dal Monte A. 1983. La valutazione funzionale dell’atleta. Firenze: G. C. Sansoni Editore;
Faris A. N., Elmer R. P., 1945, Arab archery. An Arabic manuscript of about A.D. 1500, A book on the excellence of the bow and arrow” and the description thereof, (Kitab fi bayan fadl al-qaws w-alsahm) Princeton
Fitz-Rauf, J. 2010, War Archery and Social Status, R.C.A., R.C.Y.
Ford, H. 1859. Archery, its theory and practice, , 2nd Edition,
Hanson, V.D., 2001, L’Arte Occidentale della Guerra, Biblioteca Storica de Il Giornale n.6
Hargrove, E. 1792 Anecdotes of Archery From the earlieft ages to the year 1791
Ibn ‘Ali Al-Tarsusi, 1200 c.a., Tabsirat arbab al-albab… (“Spiegazione per lo spirito sul modo di disporsi durante il combattimento…..”),
Lake, F. H., 1974). A bibliography of archery: an indexed catalogue of 5,000 articles, books, films, manuscripts, periodicals and theses on the use of the bow for hunting, war, and recreation, from the earliest times to the present day. Simon Archery Foundation.
Lamotte A. B., 1968, Contribution à l’étude de l’archerie musulmane, principalement d’après le manuscrit d’Oxford Bodléienne Huntington no 264, Damasco, di furūsiyya di MARDI
Latham J.D. –Paterson W.F., 1970, Saracen Archery. An English version and exposition of a Mameluke work on archery (ca. A.D. 1368), Londra,
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Markham, Gervase 1634 The Art of Archerie
Moseley, Walter Michael 1792 An Essay on Archery, Describing the Practice of that Art in all Ages and Nations
Mustafa Kani, 1847, Telhis resail errumat (“Compendio dei trattati d’arcieria”), Istanbul.
Roberts, T. 1801 The English Bowman or: Tracts on Archery, to which is added the second part of The Bowmans GloryWaring,
Taylor, M.C. 1947, Bowstring, in Hickman C., Klopsteg.E.C. , Nagler F., Archery, The Technical Side, first edition, NFAA, pp.251-258
Thomas, 1824 A Treatise on Archery or, The Art of Shooting with the Long Bow
Wa-awsafihima. (XIV sec.): Munyatu’l-ghuzat; A 14th Century Mamluk-Kiptchak Military Treatise, tradotto da Kurtulus Öztopçu. (Sources of Oriental Languages and Literatures 13, 1989)
Note
1) Per Warbow si intende genericamente
qualsiasi arco utilizzato per la guerra. Con il progresso delle
protezioni (armature) la “forza” dell’arco da guerra, in qualsiasi
contesto storico, è naturalmente aumentata fino al declino dell’arco e
delle frecce, sostituite dalle armi da fuoco. Warbow, per eccellenza è
il “Longbow” inglese di Tasso del periodo tardomedievale, utilizzato
nella Guerra dei cent’anni tra Francia e Inghilterra, caratterizzato da
fortissimi carichi e frecce molto pesanti e privo di impugnatura ben
delineata. In modo molto approssimativo ogni reperto archeologico
fedelmente riprodotto e sottoposto a verifica sperimentale il cui carico
risulti superiore a 80-90 libbre può essere considerato “Warbow”. Oggi,
per “Longbow” si intende invece convenzionalmente un arco dritto (senza
ricurve) lungo più di 64 pollici, anche se in legno rivestito in fibra
di vetro, con l’impugnatura rigida, difficilmente superiore a 60 libbre.
Niente a che vedere, dunque, con il Longbow antico, e a maggior ragione
con il Warbow.
2) Sebbene allo stato attuale non esista una catalogazione esaustiva di tutti i trattati di arcieria del vicino e Medio Oriente, è possibile dare un’idea della sterminata produzione al riguardo con alcuni dati. La “Bibliography of Archery” di Lake e Wright sostiene che attualmente sono pervenuti a noi 95 manoscritti di trattati di arcieria – tra arabi, persiani, turchi – , senza contare le varie copie reinterpretate dello stesso trattato da parte di altre scuole. Questa cifra quasi sicuramente non è esaustiva e altre testimonianze attendono probabilmente di essere riscoperte. A questi trattati specifici, inoltre andrebbero aggiunti i capitoli riguardanti l’arcieria contenuti in testi più generali di carattere militare o cinegetico. Tra i più importanti (tra cui quelli tradotti e commentati) citiamo: Al-Asrafi (…)XIV sec; Gunyat al-tullab (…) 1464; Ibn ‘Ali Al-Tarsusi 1200; Faris & Elmer 1945; Wa-awsafihima. (XIV sec.); Mustafa Kani, 1847; Latham & Paterson 1970, Lamotte 1968.
3) Flavio Renato Vegezio, IV e V secolo: De Re Militari; Anonimo: IV e V secolo De Rebus Bellicis; Giulio Africano Kestoi metà III secolo (→Peri Toxeias); Anonimo bizantino, seconda metà VI secolo: Peri Strategikon (→ Peri Toxeias); Procopio di Cesarea, seconda metà VI secolo: De Bello Persico; Pseudo Maurizio, seconda metà VI secolo: Strategikon; Leone IV imperatore, fine nono secolo: Taktika.
4) Anon. Ca. 1515; Ascham, 1545; Markham, 1634; Moseley, 1792; Hargrove, 1792; Roberts, 1824.
da: http://www.italiamedievale.org/portale/larco-guerra-nel-medioevo-progetto-mba/
per le immagini vai qui, a fine testo:
http://www.italiamedievale.org/portale/larco-guerra-nel-medioevo-progetto-mba/
Marco Dubini
2) Sebbene allo stato attuale non esista una catalogazione esaustiva di tutti i trattati di arcieria del vicino e Medio Oriente, è possibile dare un’idea della sterminata produzione al riguardo con alcuni dati. La “Bibliography of Archery” di Lake e Wright sostiene che attualmente sono pervenuti a noi 95 manoscritti di trattati di arcieria – tra arabi, persiani, turchi – , senza contare le varie copie reinterpretate dello stesso trattato da parte di altre scuole. Questa cifra quasi sicuramente non è esaustiva e altre testimonianze attendono probabilmente di essere riscoperte. A questi trattati specifici, inoltre andrebbero aggiunti i capitoli riguardanti l’arcieria contenuti in testi più generali di carattere militare o cinegetico. Tra i più importanti (tra cui quelli tradotti e commentati) citiamo: Al-Asrafi (…)XIV sec; Gunyat al-tullab (…) 1464; Ibn ‘Ali Al-Tarsusi 1200; Faris & Elmer 1945; Wa-awsafihima. (XIV sec.); Mustafa Kani, 1847; Latham & Paterson 1970, Lamotte 1968.
3) Flavio Renato Vegezio, IV e V secolo: De Re Militari; Anonimo: IV e V secolo De Rebus Bellicis; Giulio Africano Kestoi metà III secolo (→Peri Toxeias); Anonimo bizantino, seconda metà VI secolo: Peri Strategikon (→ Peri Toxeias); Procopio di Cesarea, seconda metà VI secolo: De Bello Persico; Pseudo Maurizio, seconda metà VI secolo: Strategikon; Leone IV imperatore, fine nono secolo: Taktika.
4) Anon. Ca. 1515; Ascham, 1545; Markham, 1634; Moseley, 1792; Hargrove, 1792; Roberts, 1824.
da: http://www.italiamedievale.org/portale/larco-guerra-nel-medioevo-progetto-mba/
per le immagini vai qui, a fine testo:
http://www.italiamedievale.org/portale/larco-guerra-nel-medioevo-progetto-mba/
Marco Dubini
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